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La notte era una stanza vuota.
Seduto sulla panchina, non mi accorgevo del vento che mi mordeva le guance, né del freddo che si infilava sotto il cappotto.
Sentivo solo il peso di un’assenza, un vuoto che mi divorava lentamente.
Guardavo il cielo, perso tra le stelle, ma nessuna di loro brillava come lei.
Il suo volto mi tornava alla mente con una violenza inaspettata, come se il ricordo fosse sempre lì, pronto a colpirmi. I suoi occhi, il suo sorriso, il suono della sua risata… ogni dettaglio era una ferita aperta che il tempo non riusciva a rimarginare.
Avevo cercato di andare avanti. Avevo tagliato i ponti, lasciato il passato dietro di me, ma niente era cambiato. Il suo posto nella mia anima era rimasto vuoto, e non facevo altro che cercarla, ovunque.
Mi alzai dalla panchina, i passi incerti, e mi avvicinai al mare. L’acqua era scura, ferma, e rifletteva il cielo come uno specchio freddo. “Dove sei?” pensavo, fissando il riflesso della luna. Mi sembrava fosse nascosta lì, dietro a quel disco pallido, come un sogno che non riuscivo a raggiungere.
“Dove sei?” Mormorai, quasi temendo di rompere il silenzio. La voce mi tremava, fragile, e per un attimo mi sembrò che la mia stessa esistenza fosse inutile senza di lei. “Senza di te… che senso ha.”
Le mani mi tremavano, ma non per il freddo. Mi passai una mano sul viso, cercando di scacciare quella sensazione opprimente. Cercavo di convincermi che fosse solo una fase, che un giorno sarei riuscito a vivere senza sentirmi così spezzato.
Ma era una bugia. Lo sapevo bene. Il suo ricordo era come un fuoco che non si spegneva mai, un battito costante nel tuo cuore, in battere e levare, una melodia che non potevo dimenticare.
Mi sedetti sulla riva con lo sguardo perso nell’orizzonte. Ogni fibra del mio essere continuava a chiamarla, come se potessi sentirla, come se bastasse volerla abbastanza forte per farla tornare. “Dove sei?”. Ma lei era di un altro. Non era mai stata mia.
Il vento soffiava piano, muovendo appena le foglie sugli alberi. Le stelle sopra di me brillavano indifferenti, lontane e inarrivabili. Mi sembrava di vederla in ognuna di loro, come se il cielo fosse pieno di riflessi della sua anima.
Chiusi gli occhi, lasciandomi travolgere dai ricordi, e per un attimo mi sembrò che fosse qui con me. Sentivo la sua voce, le sue mani sulle mie, e quel calore che non ho mai smesso di desiderarlo.
Ma poi aprii gli occhi, e lei non c’era. Non c’era mai stata. Mi aveva ingannato.
Nulla é peggio del sentirsi solo quando vivi con chi ti fa sentire solo.
Restai lì, sotto un cielo troppo grande e vuoto. La notte mi guardava senza risposte, e continuavo a cercarla, in ogni stella, in ogni battito del mio cuore.
Perché senza di lei, tutto il resto era solo un volo inutile.
Questo mi raccontò Marco prima che, sorridendo mi salutò per l’ultima in un letto d’ospedale. Sapevamo entrambi che non ci saremmo piu’ visti dopo l’operazione.
Quando lo portarono via, rimasi in quella stanza vuota ad aspettarlo mentre fuori si faceva notte e una stella mi parve brillare per un attimo di piu’ delle altre.
Mi dissero che ci sono state delle complicazioni (cosi le chiamarono). Mi piace immaginare che Marco abbia deciso di non tornare in un mondo che non voleva.
Adesso che di tempo ne è passato riesco a capire quelle parole.
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